L’osservanza degli obblighi di correttezza e trasparenza dell’attività amministrativa, legittimano l’annullamento di una procedura di gara, nel caso di riscontrata inadeguatezza dei criteri selettivi adottati, che hanno portato ad una assoluta parità delle offerte tra tutti i concorrenti, nonche’ alla impossibilità di individuare adeguati criteri di aggiudicazione suppletivi
Sul principio dell’autotutela per l’annullamento di una gara, il Consiglio di Stato con la decisione numero 5374 del 15 settembre 2006, sottolinea che:<emerge che l’annullamento della procedura si poneva in relazione, in primo luogo, “alla riscontrata inadeguatezza dei criteri selettivi adottati, che hanno portato ad una assoluta parità delle offerte tra tutti i concorrenti”, nonche’ alla impossibilità di individuare adeguati criteri di aggiudicazione suppletivi, con conseguente necessità di rivalutazione degli obiettivi di natura contrattuale precedentemente definiti, tenuto anche conto della normativa speciale applicabile ad attività di protezione civile, come quelle in questione.
In altri termini, quindi, l’Amministrazione ha offerto una esauriente motivazione delle ragioni poste a base dell’autotutela, avendo ritenuto rispondente ad esigenze di pubblico interesse – attinenti evidentemente alla necessità di correttezza e trasparenza dell’attività amministrativa – l’annullamento di una procedura di gara per la quale erano stati predisposti criteri di selezione rivelatisi insufficienti ed inadeguati, come tali del tutto inidonei ad assicurare il raggiungimento della finalità propria della procedura stessa, ossia quella relativa alla individuazione dell’offerta migliore e più conveniente per l’Amministrazione.
In una simile prospettiva, ogni questione attinente alle modalità di espletamento della gara in questione non può che assumere rilievo secondario e recessivo, rispetto alla esigenza, postulata dall’Amministrazione, di una rivalutazione complessiva della vicenda, sulla base di esigenze di pubblico interesse già apprezzate positivamente dal giudice di primo grado, con argomentazioni che il Collegio ritiene di condividere>
A cura di Sonia Lazzini
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 7326/2003 proposto da *** S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e quale capofila della costituenda R.T.I. con *** S.p.a. ed Elilombarda S.r.l., rappresentata e difesa in giudizio dall’avv. Roberto Colagrande ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Roma, Via G. Paisiello, n. 55;
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e per legge domiciliata presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti di
AIR *** S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. I-ter, n. 2975 del 2 aprile 2003.
Visto il ricorso in appello;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza dell’11 luglio 2006 la relazione del consigliere Pier Luigi Lodi e uditi l’avvocato Colagrande e l’avvocato dello Stato Tortora;
visto il dispositivo n. 446 del 12 luglio 2006;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO
Con atto notificato il 27 luglio 2003, depositato il successivo 1° agosto, la *** S.p.a., in proprio e quale capofila di un costituendo R.T.I, ha proposto appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio n. 2975/2003, che aveva accolto il ricorso principale presentato dalla medesima società per l’annullamento della esclusione della sua offerta dalla licitazione privata indetta per l’affidamento del servizio di gestione di velivoli utilizzati dal Dipartimento della protezione civile, ma aveva contestualmente respinto sia i motivi aggiunti nei riguardi della successiva determinazione di autoannullamento dell’intera procedura, sia la domanda di risarcimento del danno.
L’appellante contesta, in particolare, l’assunto del giudice di primo grado secondo cui il predetto autoannullamento sarebbe stato giustificato e congruamente motivato, in relazione alla “riscontrata inadeguatezza dei criteri selettivi adottati, che hanno portato ad una assoluta parità delle offerte tra tutti i concorrenti” nonche’ alla impossibilità di supplire a tale carenza mediante criteri desumibili dal bando di gara, ovvero con nuovi parametri tecnici. Secondo l’appellante, invece, a tali motivazioni non poteva riconoscersi “valore assorbente” nei confronti delle questioni relative alla verifica dei requisiti formali di partecipazione alla gara (riguardanti in particolare la mancata produzione della documentazione sul rispetto delle norme relative al lavoro dei disabili, richiesta dall’art. 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68) atteso che detta verifica avrebbe comportato l’esclusione di tutte le altre concorrenti, con conseguente necessaria aggiudicazione alla società attuale appellante.
Da parte della medesima appellante viene ribadita, altresì, la censura in ordine alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di autotutela ed alla mancata motivazione del pubblico interesse in proposito; viene riproposta, infine, la domanda risarcitoria.
Si è costituta l’Amministrazione della protezione civile deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica dell’11 luglio 2006.
DIRITTO
La società appellante contesta le statuizioni del giudice di primo grado che, dopo aver riammesso la società stessa a partecipare ad una gara per licitazione privata per un appalto di servizi, ha ritenuto legittimo l’annullamento dell’intera procedura – disposto in via di autotutela dall’Amministrazione appaltante – senza tener conto delle censure dedotte dalla medesima interessata, in base alle quali tutte le altre concorrenti dovevano essere escluse dalla gara, con conseguente assegnazione dell’appalto a favore dell’attuale appellante.
Nell’appello si prospetta, quindi, in via prioritaria, il vizio logico che contrassegnerebbe la sentenza impugnata, avendo ritenuto prioritaria, e di carattere assorbente, la verifica della legittimità del menzionato atto di autotutela, rispetto alle questioni attinenti alla regolarità delle operazioni di gara.
La Sezione non ritiene condivisibile l’assunto della società ricorrente.
In base a quanto comunicato alla interessata con nota del 29 luglio 2002, emerge che l’annullamento della procedura si poneva in relazione, in primo luogo, “alla riscontrata inadeguatezza dei criteri selettivi adottati, che hanno portato ad una assoluta parità delle offerte tra tutti i concorrenti”, nonche’ alla impossibilità di individuare adeguati criteri di aggiudicazione suppletivi, con conseguente necessità di rivalutazione degli obiettivi di natura contrattuale precedentemente definiti, tenuto anche conto della normativa speciale applicabile ad attività di protezione civile, come quelle in questione.
In altri termini, quindi, l’Amministrazione ha offerto una esauriente motivazione delle ragioni poste a base dell’autotutela, avendo ritenuto rispondente ad esigenze di pubblico interesse – attinenti evidentemente alla necessità di correttezza e trasparenza dell’attività amministrativa – l’annullamento di una procedura di gara per la quale erano stati predisposti criteri di selezione rivelatisi insufficienti ed inadeguati, come tali del tutto inidonei ad assicurare il raggiungimento della finalità propria della procedura stessa, ossia quella relativa alla individuazione dell’offerta migliore e più conveniente per l’Amministrazione.
In una simile prospettiva, ogni questione attinente alle modalità di espletamento della gara in questione non può che assumere rilievo secondario e recessivo, rispetto alla esigenza, postulata dall’Amministrazione, di una rivalutazione complessiva della vicenda, sulla base di esigenze di pubblico interesse già apprezzate positivamente dal giudice di primo grado, con argomentazioni che il Collegio ritiene di condividere.
In particolare non possono che essere disattese le doglianze della ricorrente in ordine all’asserito rilevo prioritario dell’esame degli elementi da essa dedotti, che sarebbero risultati ostativi per la partecipazione alla procedura degli altri concorrenti; simili questioni, infatti, non solo non appaiono in grado di superare i vizi che inficiano la procedura, ma parrebbero adombrare, semmai, una nuova causa di inidoneità, anche per ulteriori profili, delle modalità di indizione e di espletamento della procedura di cui si tratta.
Giova ancora evidenziare che, nel caso di specie, la ricorrente ha soltanto partecipato alla procedura, mentre non ha conseguito (anche per effetto della illegittima esclusione dalla stessa) alcun risultato utile, come ad esempio una aggiudicazione provvisoria: ma anche in quest’ultima ipotesi, a quanto precisato dalla giurisprudenza, trattasi pur sempre di posizioni attinenti ad una fase meramente endoprocedimamtale, con la conseguenza che deve riconoscersi un ampio potere discrezionale all’Amministrazione per riesaminare, in autotutela, il procedimento di gara già avviato, tenendo conto delle preminenti ragioni poste dalla esigenza di salvaguardia del pubblico interesse (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 ottobre 2005, n. 5360).
Sembra opportuno aggiungere che a maggior ragione simili conclusioni possono trarsi con riferimento al settore di cui si tratta, relativo alle attività di protezione civile, per le quali – come ricordato nella suindicata nota del 29 luglio 2002 – viene concesso un più ampio spazio di discrezionalità ai fini della risoluzione pure di rapporti contrattuali già instaurati, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 6, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito con modificazioni dalla legge 9 novembre 2001, n. 401.
Ciò posto vanno anche disattese le doglianze della società ricorrente relative alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di autotutela, ai sensi degli artt. 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, potendosi riconoscere alla predetta società soltanto una aspettativa di mero fatto e non un affidamento qualificato con riguardo alla conclusione della gara (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 24 marzo 2006, n. 1525).
L’infondatezza delle pretese avanzate dalla ricorrente esclude anche la possibilità di accoglimento della domanda di risarcimento, in assenza dei necessari presupposti.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
– respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;
– condanna la società ricorrente a rifondere in favore dell’Amministrazione intimata le spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 luglio 2006
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
15 settembre 2006